fbpx

Il cofanetto che cambia la storia dell’antico Popolo dei Piceni

 

Rubrica: Giacimenti Culturali & Enogastronomici

 

 

INTERVISTA al SINDACO di BELMONTE PICENO, Ivano BASCIONI  a cura del Dottor Fabio PIERANTONI della Condotta Slow Food di Corridonia 

 

Domanda: Belmonte perché Piceno?
Risposta:  il nome è stato dato  nel 1863 appena dopo l’unità d’Italia, semplicemente per distinguerlo da altri Belmonte, il toponimo Piceno è in “onore” di un antico popolo stanziatosi nel territorio marchigiano in epoca preromana. Gli altri belmonte sono: Belmonte Calabro (Cosenza), Belmonte in Sabina (Rieti), Belmonte Mezzagno (Palermo), Belmonte Castello (Frosinone) Belmonte del Sannio (Isernia) e San Colombano Belmonte (Torino). Ho anche ipotizzato, e sarebbe interessante, fare una sorta di “gemellaggio” tra i vari Belmonte. Quindi il nome, almeno ufficialmente, è stato deciso prima di identificare una delle più importanti necropoli picene, scoperta nei primi anni del ‘900.

D: appunto: parliamo di questi scavi
R:  gli scavi del primo novecento sono partiti dopo che  una frana causata da una abbondante pioggia aveva portato via lo strato superficiale di terra di un terreno scoprendo dei materiali in bronzo e in ferro. Silvestro Baglioni, uno studioso belmontese appassionato di archeologia, intuì l’importanza della scoperta, infatti quel ritrovamento fu chiamato successivamente “la tomba del Duce”.

la-stele-belmonte

D: prima non c’erano stati ritrovamenti nel territorio di Belmonte?
R: non ufficialmente anche se, a rigor di logica, non è possibile  escludere  che qualcuno abbia trovato qualcosa, però quello è stato  il primo ritrovamento formale che diede inizio agli scavi durati qualche anno che hanno riportato alla luce circa 300 tombe, con un incredibile quantità di reperti (dai 40 ai 50 mila), denotando che erano tombe ricchissime di corredi funebri che hanno fatto scoprire gli oggetti più belli della cultura picena come il Signore dei Cavalli (un’ansa in bronzo), o vari leoni scolpiti con l’ambra oppure un torque con terminazioni a sirene, migliaia di fibule, anelloni a nodi e soprattutto una enorme quantità d’ambra che, purtroppo, quando veniva trovata dai contadini la usavano come una sorta di diavolina per accendere il fuoco. ”.

D: questi reperti dei primi scavi dove si trovano?
R: sono sparsi in tutto il mondo, recentemente una signora mi ha mandato dal British Museum di Londra una foto di una vetrina contenente un anello a nodi dove si diceva che era proveniente da Belmonte Piceno, poi ci sono collezioni, tenendo presente che in alcuni periodi si potevano commercializzare, comunque il museo più rilevante è quello archeologico di Ancona, ma  ci sono anche ad Ascoli Piceno, negli scantinati di entrambi ci sono migliaia di reperti provenienti da Belmonte; poi anche a Bologna e a Firenze c’è una tomba intera.

D: veniamo agli scavi recenti come mai sono ripartiti dopo più di 100 anni?
R: gli scavi recenti sono stati fatti grazie ad una intuizione di Joachim Weidig, professore tedesco dell’Università di Friburgo (uno dei più grandi studiosi dei piceni) che aveva ipotizzato di riaprire gli scavi perché secondo lui c’era ancora tanto da scoprire grazie a studi scientifici ed anche a considerazioni dettate dal numero elevato di tombe trovate. Secondo il professore c’era possibilità di poter far emergere un’altra parte della storia picena. Bisogna considerare l’arco temporale, nel senso che i piceni sono stati a Belmonte per vari secoli, quindi le necropoli sono sovrapposte o dislocate diversamente. Infatti nel 6^ secolo a.C. l’età dell’oro di questa civiltà è più facile trovare tombe ricchissime di reperti mentre quelle di altre epoche sono più povere ma altrettanto interessanti.

D: l’innesco è stato questo personaggio tedesco e poi?
R: poi abbiamo cercato finanziamenti, per gli scavi e si è fatta avanti l’Università tedesca di Friburgo  e il centro  di ricerca universitario di Magonza (utilizza i fondi dell’8 x mille versione tedesca) abbiamo fatto un progetto insieme a loro e quindi i soldi delle tasse dei tedeschi hanno permesso questo nuovo ciclo di scavi; poi recentemente si sono aggiunte l’università del Belgio ed anche la stessa Sapienza di Roma.

D: prima di parlare della scoperta del cofanetto un piccolo accenno al progetto di studio sul DNA.
R: Oltre lo studio dei reperti la necropoli ci permette lo studio dei pollini nei vari doli (vasi di circa 1,2 metri di altezza) nella loro parte inferiore, sicuramente incontaminata dal tempo, riuscire a fare le analisi palinologiche significherebbe ricreare l’ambiente che c’era prima per poter con buona precisione capire la dieta cosa mangiavano i piceni le basi ce le abbiamo sicuramente le olive animali da cortile e anche l’analisi delle ossa che si possono trovare nell’abitato e ossa di animali ci possono dare indicazioni precise sull’alimentazione (leggi la ricerca insieme all’Universita della Tuscia di Viterbo coordinata dal Prof. Rosario Muleo)  riconducibile a quella che poi è diventata la dieta mediterranea;

D: l’exploit del ritrovamento del cofanetto recentissimo nel 2018 (Leggi l’articolo sul Cofanetto Avorio e Ambra)
R: Un articolo  scritto dal prof tedesco Weigig è tradotto da Google come “container”, a parte le curiosità è la scoperta più importante della storia del  popolo piceno perché è un oggetto veramente unico. Pensare che ci siano un condensato di notizie e informazioni storiche in un unico prezioso reperto  è incredibile paragonabile alla stele di Rosetta, che aveva le traduzioni in tre lingue che ha permesso di comprendere tante cose, tornando al cofanetto il fatto che sia con avorio africano da una zanna di elefante scavata , ambra proveniente dal Baltico e mitologia greca e etrusca tutte queste notizie senza andare nel dettaglio già indicano  un commercio una storia qualcosa di unico appunto in questo particolarissimo reperto. I piceni erano maestri  nella lavorazione dell’ambra e tornando al cofanetto ci sono delle figure intarsiate con una maestria veramente impeccabile, ci sono delle sfere intagliate che non sono visibili ad occhio nudo e quindi si vedono soltanto con il microscopio e questo fa capire che l’artigiano che li ha fatti li ha fatti di tecnica perché neanche lui riusciva a vedere quello che incideva però sono dei cerchi concentrici che sono incredibilmente precisi fatti 2600 anni fa circa.

D: ci puoi parlare della rete museale che avete creato?
R: L’iniziativa “Patto di Amicizia” partita nel 2017 dalla partecipazione ad un convegno a San Marino sull’ambra e le vie dell’ambra, ci ha portato a confrontarci con altri musei  (Verucchio in Emilia Romagna, Vetulonia in Toscana e Concordia Sagittaria in Veneto) dove c’erano stati ritrovamenti di reperti con ambra anche se in epoche diverse, tutti piccoli musei civici gestiti dai Comuni con i quali abbiamo pensato di fare questa piccola rete che significa una collaborazione unitaria per iniziative sull’ambra oltre ai convegni e congressi fatti in ognuna dei nodi della rete a rotazione e partendo da questo principio si sta cercando di ampliare la rete di altri piccoli musei non solo legati dall’ambra ma da chi, piccolo, ha voglia di fare rete come Zuglio in Friuli Venezia Giulia e Alezio in Puglia, sarebbe interessante ogni anno aggiungere una nuova regione, per ora è un primo passo.

D: come utilizzare questi progetti in senso di turismo esperienziale?
R:  Il ritorno già c’è, con la maggior conoscenza di Belmonte i cui ritrovamenti sono stati pubblicati in diverse riviste straniere, ma anche con la facilità di partecipare ai bandi regionali e non solo. Senza avere un museo sarebbe stato molto più difficile. Il turista, può venire a Belmonte portando benefici economici, ma l’opportunità di poter partecipare a bandi europei potrebbe significare fare un salto di qualità e riuscire ad investire su Belmonte delle cifre altrimenti irraggiungibili. Ben vengano i turisti che spendono, ma facendo un discorso territoriale, le valutazioni vanno allargate dal mero interesse campanilistico.

Quest’ultima considerazione finale fatta da questo  sindaco, di alta statura non solo fisica, ci fa comprendere  le motivazioni che hanno portato altri sindaci ad eleggerlo come Presidente di Marca Fermana, un’associazione turistico-culturale della Provincia di Fermo (http://www.marcafermana.it/).

 

 

LINK DEL MUSEO ARCHEOLOGICO COMUNALE DI BELMONTE PICENO:

http://www.comunebelmontepiceno.it/c044008/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/22

 

Fabio Pierantoni fabio.pierantoni@unimc.it

Ivano Bascioni  liberascelta2014@libero.it

 

[do_widget id=rpwe_widget-2]

 

[do_widget id=custom_html-8]

 

[do_widget id=custom_html-7]

Articoli consigliati