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IL PANE NOCIATO

Chiamato anche “pane caciato” (dal formaggio pecorino), è un’antica ricetta umbra, ma molto conosciuta anche nelle Marche.

Un tempo veniva preparata in inverno, dalla vendemmia fino a Pasqua. Le occasioni d’obbligo erano la ricorrenza dei defunti, San Martino, Natale, Pasqua ed ogni altra festività importante. Veniva anche preparata per essere regalata.
Ogni famiglia aveva il suo modo di realizzarla, utilizzando quello che aveva in casa: noci, fichi secchi, uvetta, uova, pecorino, olio e farina.
Le versioni erano due, quella dolce e quella salata.
La prima vedeva mischiati nell’impasto (lo stesso del pane normale), noci, fichi a pezzi, canditi, uvetta, olio. A piacimento c’èra chi aggiungeva chiodi di garofano, un bicchiere di vino rosso, oppure il mosto. Il tutto messo a macerare nello zucchero.

Per la seconda venivano usati, sempre mischiati nell’impatto del pane normale, noci spezzettate, cacio pecorino, olio, pepe.
Per tutte e due le versioni, chi non aveva l’olio, usava “lo strutto” (grasso del maiale).
Il nome “Pane nociato” deriva dall’ingrediente principale, la noce.
La sua preparazione finale era a filoncini, oppure a panini. Sia dolci che salati si prestavano, accompagnati con lonza, ciabuscolo, frittate, oppure olive condite con arance, per golose e gustose colazioni, o merende.

La sera precedente la realizzazione di una delle due versioni, la vergara metteva un po’ di massa, presa da quella lasciata dall’ultimo impasto del pane, dentro la madia, al tepore di uno scaldino con la brace, affinché fermentasse meglio. Al mattino presto la riprendeva, vi aggiungeva farina e gli ingredienti necessari, dava una pennellata di rosso d’uovo sopra ai filoncini ed infilava il tutto nel forno a legna, già ben infuocato con le fascine messe su dal vergaro, per la cottura.
Nel secolo VI il patriarca di Gerusalemme Sofrone parla di un pane al formaggio per bambini. Innumerevoli erano anche le preparazioni diffuse in tutta l’antica Roma.
(Mario Monachesi)

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